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Riforma del lavoro
Legge 14 febbraio 2003,
n. 30 - Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del
lavoro
Decreto Legislativo
10 settembre 2003, n.276 - Attuazione delle deleghe in materia di
occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003,
n. 30.
Legge 14 febbraio
2003, n. 30
Delega al Governo in materia di occupazione
e mercato del lavoro
Art. 1. Delega al Governo
per la revisione della disciplina dei servizi pubblici e privati per
l'impiego, nonché in materia di intermediazione e interposizione
privata nella somministrazione di lavoro
Art. 2. Delega al Governo in materia di riordino dei
contratti a contenuto formativo e di tirocinio
Art. 3. Delega al Governo in materia di riforma della
disciplina del lavoro a tempo parziale
Art. 4. Delega al Governo in materia di disciplina delle
tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo,
occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite
Art. 5. Delega al Governo in materia di certificazione
dei rapporti di lavoro
Art. 6. Esclusione
Art. 7. Disposizioni concernenti l'esercizio delle deleghe
di cui agli articoli da 1 a 5
Art. 8. Delega al Governo per la razionalizzazione delle
funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro
Art. 9. Modifiche alla legge 3 aprile 2001, n. 142
Art. 10 Modifica dell'articolo 3 del decreto-legge
22 marzo 1993, n. 71
Art. 1.
Delega al Governo per la revisione della disciplina dei servizi pubblici
e privati per l'impiego, nonché in materia di intermediazione
e interposizione privata nella somministrazione di lavoro
1. Allo scopo di realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti
intesi a garantire trasparenza ed efficienza al mercato del lavoro
e a migliorare le capacità di inserimento professionale dei
disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, con
particolare riguardo alle donne e ai giovani, il Governo è
delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, sentito il Ministro per le pari opportunità
ed entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire,
nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di
tutela e sicurezza del lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali
dell'Unione europea in materia di occupabilità, i princìpi
fondamentali in materia di disciplina dei servizi per l'impiego, con
particolare riferimento al sistema del collocamento, pubblico e privato,
e di somministrazione di manodopera.
2. La delega è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi
e criteri direttivi:
a) snellimento e semplificazione delle procedure di incontro tra domanda
e offerta di lavoro;
b) modernizzazione e razionalizzazione del sistema del collocamento
pubblico, al fine di renderlo maggiormente efficiente e competitivo,
secondo una disciplina incentrata su:
1) rispetto delle competenze previste dalla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3, con particolare riferimento alle competenze riconosciute
alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento
e di Bolzano;
2) sostegno e sviluppo dell'attività lavorativa femminile e
giovanile, nonché sostegno al reinserimento dei lavoratori
anziani;
3) abrogazione di tutte le norme incompatibili con la nuova regolamentazione
del collocamento, ivi inclusa la legge 29 aprile 1949, n. 264, fermo
restando il regime di autorizzazione o accreditamento per gli operatori
privati ai sensi di quanto disposto dalla lettera l) e stabilendo,
in materia di collocamento pubblico, un nuovo apparato sanzionatorio,
con previsione di sanzioni amministrative per il mancato adempimento
degli obblighi di legge;
4) mantenimento da parte dello Stato delle competenze in materia di
conduzione coordinata ed integrata del sistema informativo lavoro;
c) mantenimento da parte dello Stato delle funzioni amministrative
relative alla conciliazione delle controversie di lavoro individuali
e plurime, nonché alla risoluzione delle controversie collettive
di rilevanza pluriregionale;
d) mantenimento da parte dello Stato delle funzioni amministrative
relative alla vigilanza in materia di lavoro, alla gestione dei flussi
di entrata dei lavoratori non appartenenti all'Unione europea, all'autorizzazione
per attività lavorative all'estero;
e) mantenimento da parte delle province delle funzioni amministrative
attribuite dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
f) incentivazione delle forme di coordinamento e raccordo tra operatori
privati e operatori pubblici, ai fini di un migliore funzionamento
del mercato del lavoro, nel rispetto delle competenze delle regioni
e delle province;
g) ridefinizione del regime del trattamento dei dati relativi all'incontro
tra domanda e offerta di lavoro, nel rispetto della legge 31 dicembre
1996, n. 675, al fine di evitare oneri aggiuntivi e ingiustificati
rispetto alle esigenze di monitoraggio statistico; prevenzione delle
forme di esclusione sociale e vigilanza sugli operatori, con previsione
del divieto assoluto per gli operatori privati e pubblici di qualsivoglia
indagine o comunque trattamento di dati ovvero di preselezione dei
lavoratori, anche con il loro consenso, in base all'affiliazione sindacale
o politica, al credo religioso, al sesso, all'orientamento sessuale,
allo stato matrimoniale, o di famiglia, o di gravidanza, nonché
ad eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro. E' altresì
fatto divieto di raccogliere, memorizzare o diffondere informazioni
sui lavoratori che non siano strettamente attinenti alle loro attitudini
professionali e al loro inserimento lavorativo;
h) coordinamento delle disposizioni sull'incontro tra domanda e offerta
di lavoro con la disciplina in materia di lavoro dei cittadini non
comunitari, nel rispetto della normativa vigente in modo da prevenire
l'adozione di forme di lavoro irregolare, anche minorile, e sommerso
e al fine di semplificare le procedure di rilascio delle autorizzazioni
al lavoro;
i) eliminazione del vincolo dell'oggetto sociale esclusivo per le
imprese di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo di cui all'articolo
2 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e per i soggetti di cui all'articolo
10, comma 2, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive
modificazioni, garantendo un periodo transitorio di graduale adeguamento
per le società già autorizzate;
l) identificazione di un unico regime autorizzatorio o di accreditamento
per gli intermediari pubblici, con particolare riferimento agli enti
locali, e privati, che abbiano adeguati requisiti giuridici e finanziari,
differenziato in funzione del tipo di attività svolta, comprensivo
delle ipotesi di trasferimento della autorizzazione e modulato in
relazione alla natura giuridica dell'intermediario, con particolare
riferimento alle associazioni non riconosciute ovvero a enti o organismi
bilaterali costituiti da associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori
di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale
o territoriale, ai consulenti del lavoro di cui alla legge 11 gennaio
1979, n. 12, nonché alle università e agli istituti
di scuola secondaria di secondo grado, prevedendo, altresì,
che non vi siano oneri o spese a carico dei lavoratori, fatto salvo
quanto previsto dall'articolo 7 della Convenzione dell'Organizzazione
Internazionale del Lavoro (OIL) del 19 giugno 1997, n. 181, ratificata
dall'Italia in data 1º febbraio 2000;
m) abrogazione della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e sua sostituzione
con una nuova disciplina basata sui seguenti criteri direttivi:
1) autorizzazione della somministrazione di manodopera, solo da parte
dei soggetti identificati ai sensi della lettera l);
2) ammissibilità della somministrazione di manodopera, anche
a tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico,
produttivo od organizzativo, individuate dalla legge o dai contratti
collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei
datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative;
3) chiarificazione dei criteri di distinzione tra appalto e interposizione,
ridefinendo contestualmente i casi di comando e distacco, nonché
di interposizione illecita laddove manchi una ragione tecnica, organizzativa
o produttiva ovvero si verifichi o possa verificarsi la lesione di
diritti inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato
al prestatore di lavoro;
4) garanzia del regime della solidarietà tra fornitore e utilizzatore
in caso di somministrazione di lavoro altrui;
5) trattamento assicurato ai lavoratori coinvolti nell'attività
di somministrazione di manodopera non inferiore a quello a cui hanno
diritto i dipendenti di pari livello dell'impresa utilizzatrice;
6) conferma del regime sanzionatorio civilistico e penalistico previsto
per i casi di violazione della disciplina della mediazione privata
nei rapporti di lavoro, prevedendo altresì specifiche sanzioni
penali per le ipotesi di esercizio abusivo di intermediazione privata
nonché un regime sanzionatorio più incisivo nel caso
di sfruttamento del lavoro minorile;
7) utilizzazione del meccanismo certificatorio di cui all'articolo
5 ai fini della distinzione concreta tra interposizione illecita e
appalto genuino, sulla base di indici e codici di comportamento elaborati
in sede amministrativa che tengano conto della rigorosa verifica della
reale organizzazione dei mezzi e dell'assunzione effettiva del rischio
di impresa da parte dell'appaltatore;
n) attribuzione della facoltà ai gruppi di impresa, individuati
ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile nonché ai sensi
del decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74, di delegare lo svolgimento
degli adempimenti di cui all'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979,
n. 12, alla società capogruppo per tutte le società
controllate e collegate, ferma restando la titolarità delle
obbligazioni contrattuali e legislative in capo alle singole società
datrici di lavoro;
o) abrogazione espressa di tutte le normative, anche se non espressamente
indicate nelle lettere da a) a n), che sono direttamente o indirettamente
incompatibili con i decreti legislativi emanati ai sensi del presente
articolo;
p) revisione del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 18, che ha
modificato l'articolo 2112 del codice civile in tema di trasferimento
d'azienda, al fine di armonizzarlo con la disciplina contenuta nella
presente delega, basata sui seguenti criteri direttivi:
1) completo adeguamento della disciplina vigente alla normativa comunitaria,
anche alla luce del necessario coordinamento con la legge 1º
marzo 2002, n. 39, che dispone il recepimento della direttiva 2001/23/CE
del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti
dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti
o di parti di imprese o di stabilimenti;
2) previsione del requisito dell'autonomia funzionale del ramo di
azienda nel momento del suo trasferimento;
3) previsione di un regime particolare di solidarietà tra appaltante
e appaltatore, nei limiti di cui all'articolo 1676 del codice civile,
per le ipotesi in cui il contratto di appalto sia connesso ad una
cessione di ramo di azienda;
q) redazione, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, di uno o più testi unici delle normative
e delle disposizioni in materia di mercato del lavoro e incontro tra
domanda e offerta di lavoro.
Art. 2.
Delega al Governo in materia di riordino dei contratti a contenuto
formativo e di tirocinio
1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari
opportunità, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica,
con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca
e con il Ministro per gli affari regionali, entro il termine di sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più
decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze
affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro
dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi
indicati dagli orientamenti annuali dell'Unione europea in materia
di occupazione, la revisione e la razionalizzazione dei rapporti di
lavoro con contenuto formativo, nel rispetto dei seguenti princìpi
e criteri direttivi:
a) conformità agli orientamenti comunitari in materia di aiuti
di Stato alla occupazione;
b) attuazione degli obiettivi e rispetto dei criteri di cui all'articolo
16, comma 5, della legge 24 giugno 1997, n. 196, al fine di riordinare
gli speciali rapporti di lavoro con contenuti formativi, così
da valorizzare l'attività formativa svolta in azienda, confermando
l'apprendistato come strumento formativo anche nella prospettiva di
una formazione superiore in alternanza tale da garantire il raccordo
tra i sistemi della istruzione e della formazione, nonché il
passaggio da un sistema all'altro e, riconoscendo nel contempo agli
enti bilaterali e alle strutture pubbliche designate competenze autorizzatorie
in materia, specializzando il contratto di formazione e lavoro al
fine di realizzare l'inserimento e il reinserimento mirato del lavoratore
in azienda;
c) individuazione di misure idonee a favorire forme di apprendistato
e di tirocinio di impresa al fine del subentro nella attività
di impresa;
d) revisione delle misure di inserimento al lavoro, non costituenti
rapporto di lavoro, mirate alla conoscenza diretta del mondo del lavoro
con valorizzazione dello strumento convenzionale fra le pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165, il sistema formativo e le imprese, secondo
modalità coerenti con quanto previsto dagli articoli 17 e 18
della legge 24 giugno 1997, n. 196, prevedendo una durata variabile
fra uno e dodici mesi ovvero fino a ventiquattro mesi per i soggetti
disabili, in relazione al livello di istruzione, alle caratteristiche
della attività lavorativa e al territorio di appartenenza nonché,
con riferimento ai soggetti disabili, anche in base alla natura della
menomazione e all'incidenza della stessa sull'allungamento dei tempi
di apprendimento in relazione alle specifiche mansioni in cui vengono
inseriti, e prevedendo altresì la eventuale corresponsione
di un sussidio in un quadro di razionalizzazione delle misure di inserimento
non costituenti rapporti di lavoro;
e) orientamento degli strumenti definiti ai sensi dei princìpi
e dei criteri direttivi di cui alle lettere b), c) e d), nel senso
di valorizzare l'inserimento o il reinserimento al lavoro delle donne,
particolarmente di quelle uscite dal mercato del lavoro per l'adempimento
di compiti familiari e che desiderino rientrarvi, al fine di superare
il differenziale occupazionale tra uomini e donne;
f) semplificazione e snellimento delle procedure di riconoscimento
e di attribuzione degli incentivi connessi ai contratti a contenuto
formativo, tenendo conto del tasso di occupazione femminile e prevedendo
anche criteri di automaticità;
g) rafforzamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio
e di valutazione dei risultati conseguiti, anche in relazione all'impatto
sui livelli di occupazione femminile e sul tasso di occupazione in
generale, per effetto della ridefinizione degli interventi di cui
al presente articolo da parte delle amministrazioni competenti e tenuto
conto dei criteri che saranno determinati dai provvedimenti attuativi,
in materia di mercato del lavoro, della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3;
h) sperimentazione di orientamenti, linee-guida e codici di comportamento,
al fine di determinare i contenuti dell'attività formativa,
concordati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale e territoriale, anche
all'interno di enti bilaterali, ovvero, in difetto di accordo, determinati
con atti delle regioni, d'intesa con il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali;
i) rinvio ai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori
e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative,
a livello nazionale, territoriale e aziendale, per la determinazione,
anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalità di
attuazione dell'attività formativa in azienda.
Art. 3.
Delega al Governo in materia di riforma della disciplina del lavoro
a tempo parziale
1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari
opportunità, entro il termine di un anno dalla data di entrata
in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi,
con esclusione dei rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni
pubbliche, recanti norme per promuovere il ricorso a prestazioni di
lavoro a tempo parziale, quale tipologia contrattuale idonea a favorire
l'incremento del tasso di occupazione e, in particolare, del tasso
di partecipazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori con età
superiore ai 55 anni, al mercato del lavoro, nel rispetto dei seguenti
princìpi e criteri direttivi:
a) agevolazione del ricorso a prestazioni di lavoro supplementare
nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto orizzontale, nei
casi e secondo le modalità previsti da contratti collettivi
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative su scala nazionale o territoriale, anche
sulla base del consenso del lavoratore interessato in carenza dei
predetti contratti collettivi;
b) agevolazione del ricorso a forme flessibili ed elastiche di lavoro
a tempo parziale nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto
verticale e misto, anche sulla base del consenso del lavoratore interessato
in carenza dei contratti collettivi di cui alla lettera a), e comunque
a fronte di una maggiorazione retributiva da riconoscere al lavoratore;
c) estensione delle forme flessibili ed elastiche anche ai contratti
a tempo parziale a tempo determinato;
d) previsione di norme, anche di natura previdenziale, che agevolino
l'utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei lavoratori anziani
al fine di contribuire alla crescita dell'occupazione giovanile anche
attraverso il ricorso a tale tipologia contrattuale;
e) abrogazione o integrazione di ogni disposizione in contrasto con
l'obiettivo della incentivazione del lavoro a tempo parziale, fermo
restando il rispetto dei princìpi e delle regole contenute
nella direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997;
f) affermazione della computabilità pro rata temporis in proporzione
dell'orario svolto dal lavoratore a tempo parziale, in relazione all'applicazione
di tutte le norme legislative e clausole contrattuali a loro volta
collegate alla dimensione aziendale intesa come numero dei dipendenti
occupati in ogni unità produttiva;
g) integrale estensione al settore agricolo del lavoro a tempo parziale.
Art. 4.
Delega al Governo in materia di disciplina delle tipologie di lavoro
a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio
e a prestazioni ripartite
1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno
dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più
decreti legislativi recanti disposizioni volte alla disciplina o alla
razionalizzazione delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo,
coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni
ripartite, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) riconoscimento di una congrua indennità cosiddetta di disponibilità
a favore del lavoratore che garantisca nei confronti del datore di
lavoro la propria disponibilità allo svolgimento di prestazioni
di carattere discontinuo o intermittente, così come individuate
dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori
di lavoro comparativamente più rappresentative su scala nazionale
o territoriale o, in via provvisoriamente sostitutiva, per decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ed in ogni caso
prevedendosi la possibilità di sperimentazione di detta tipologia
contrattuale anche per prestazioni rese da soggetti in stato di disoccupazione
con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più
di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo
in funzione di processi di riduzione o trasformazione di attività
o di lavoro e iscritti alle liste di mobilità e di collocamento;
eventuale non obbligatorietà per il prestatore di rispondere
alla chiamata del datore di lavoro, non avendo quindi titolo a percepire
la predetta indennità ma con diritto di godere di una retribuzione
proporzionale al lavoro effettivamente svolto;
b) con riferimento alle prestazioni di lavoro temporaneo, completa
estensione al settore agricolo del lavoro temporaneo tramite agenzia,
con conseguente applicabilità degli oneri contributivi di questo
settore;
c) con riferimento alle collaborazioni coordinate e continuative:
1) previsione della stipulazione dei relativi contratti mediante un
atto scritto da cui risultino la durata, determinata o determinabile,
della collaborazione, la riconducibilità di questa a uno o
più progetti o programmi di lavoro o fasi di esso, resi con
lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione,
nonché l'indicazione di un corrispettivo, che deve essere proporzionato
alla qualità e quantità del lavoro;
2) differenziazione rispetto ai rapporti di lavoro meramente occasionali,
intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore
a trenta giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente,
salvo che il compenso complessivo per lo svolgimento della prestazione
sia superiore a 5.000 euro;
3) riconduzione della fattispecie a uno o più progetti o programmi
di lavoro o fasi di esso;
4) previsione di tutele fondamentali a presidio della dignità
e della sicurezza dei collaboratori, con particolare riferimento a
maternità, malattia e infortunio, nonché alla sicurezza
nei luoghi di lavoro, anche nel quadro di intese collettive;
5) previsione di un adeguato sistema sanzionatorio nei casi di inosservanza
delle disposizioni di legge;
6) ricorso, ai sensi dell'articolo 5, ad adeguati meccanismi di certificazione
della volontà delle parti contraenti;
d) ammissibilità di prestazioni di lavoro occasionale e accessorio,
in generale e con particolare riferimento a opportunità di
assistenza sociale, rese a favore di famiglie e di enti senza fini
di lucro, da disoccupati di lungo periodo, altri soggetti a rischio
di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del
lavoro, ovvero in procinto di uscirne, regolarizzabili attraverso
la tecnica di buoni corrispondenti a un certo ammontare di attività
lavorativa, ricorrendo, ai sensi dell'articolo 5, ad adeguati meccanismi
di certificazione;
e) ammissibilità di prestazioni ripartite fra due o più
lavoratori, obbligati in solido nei confronti di un datore di lavoro,
per l'esecuzione di un'unica prestazione lavorativa.
f) configurazione specifica come prestazioni che esulano dal mercato
del lavoro e dagli obblighi connessi delle prestazioni svolte in modo
occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo
aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salve
le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori, e con particolare
riguardo alle attività agricole.
Art. 5.
Delega al Governo in materia di certificazione dei rapporti di lavoro
1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione
dei rapporti di lavoro, con esclusione dei rapporti di lavoro alle
dipendenze di amministrazioni pubbliche, il Governo è delegato
ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti
disposizioni in materia di certificazione del relativo contratto stipulato
tra le parti, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri
direttivi:
a) carattere volontario e sperimentale della procedura di certificazione;
b) individuazione dell'organo preposto alla certificazione del rapporto
di lavoro in enti bilaterali costituiti a iniziativa di associazioni
dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentative, ovvero presso strutture pubbliche aventi competenze
in materia, o anche università;
c) definizione delle modalità di organizzazione delle sedi
di certificazione e di tenuta della relativa documentazione;
d) indicazione del contenuto e della procedura di certificazione;
e) attribuzione di piena forza legale al contratto certificato ai
sensi della procedura di cui alla lettera d), con esclusione della
possibilità di ricorso in giudizio se non in caso di erronea
qualificazione del programma negoziale da parte dell'organo preposto
alla certificazione e di difformità tra il programma negoziale
effettivamente realizzato dalle parti e il programma negoziale concordato
dalle parti in sede di certificazione;
f) previsione di espletare il tentativo obbligatorio di conciliazione
previsto dall'articolo 410 del codice di procedura civile innanzi
all'organo preposto alla certificazione quando si intenda impugnare
l'erronea qualificazione dello stesso o la difformità tra il
programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione, prevedendo
che gli effetti dell'accertamento svolto dall'organo preposto alla
certificazione permangano fino al momento in cui venga provata l'erronea
qualificazione del programma negoziale o la difformità tra
il programma negoziale concordato dalle parti in sede di certificazione
e il programma attuato. In caso di ricorso in giudizio, introduzione
dell'obbligo in capo all'autorità giudiziaria competente di
accertare anche le dichiarazioni e il comportamento tenuto dalle parti
davanti all'organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro;
g) attribuzione agli enti bilaterali della competenza a certificare
non solo la qualificazione del contratto di lavoro e il programma
negoziale concordato dalle parti, ma anche le rinunzie e transazioni
di cui all'articolo 2113 del codice civile a conferma della volontà
abdicativa o transattiva delle parti stesse;
h) estensione della procedura di certificazione all'atto di deposito
del regolamento interno riguardante la tipologia dei rapporti attuati
da una cooperativa ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 aprile 2001,
n. 142, e successive modificazioni;
i) verifica dell'attuazione delle disposizioni, dopo ventiquattro
mesi dalla data della loro entrata in vigore, da parte del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, sentite le organizzazioni sindacali
dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale.
Art. 6.
Esclusione
1. Le disposizioni degli articoli da 1 a 5 non si applicano al personale
delle pubbliche amministrazioni ove non siano espressamente richiamate.
Art. 7.
Disposizioni concernenti l'esercizio delle deleghe di cui agli articoli
da 1 a 5
1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli da 1 a
5, deliberati dal Consiglio dei ministri e corredati da una apposita
relazione cui è allegato il parere della Conferenza unificata
di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281,
sentite le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative
dei datori e prestatori di lavoro, sono trasmessi alle Camere per
l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari
permanenti entro la scadenza del termine previsto per l'esercizio
della relativa delega.
2. In caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione, il
Governo decade dall'esercizio della delega. Le competenti Commissioni
parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di
trasmissione. Qualora il termine per l'espressione del parere decorra
inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.
3. Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni parlamentari
scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per
l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è
prorogato di sessanta giorni.
4. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti
legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali
disposizioni modificative e correttive con le medesime modalità
e nel rispetto dei medesimi criteri e princìpi direttivi.
5. Dall'attuazione delle disposizioni degli articoli da 1 a 5 non
devono derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
Art. 8.
Delega al Governo per la razionalizzazione delle funzioni ispettive
in materia di previdenza sociale e di lavoro
1. Allo scopo di definire un sistema organico e coerente di tutela
del lavoro con interventi omogenei, il Governo è delegato ad
adottare, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni, su
proposta del Ministro del lavoro delle politiche sociali ed entro
il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto della
disciplina vigente sulle ispezioni in materia di previdenza sociale
e di lavoro, nonché per la definizione di un quadro regolatorio
finalizzato alla prevenzione delle controversie individuali di lavoro
in sede conciliativa, ispirato a criteri di equità ed efficienza.
2. La delega di cui al comma 1 è esercitata nel rispetto dei
seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) improntare il sistema delle ispezioni alla prevenzione e promozione
dell'osservanza della disciplina degli obblighi previdenziali, del
rapporto di lavoro, del trattamento economico e normativo minimo e
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale,
anche valorizzando l'attività di consulenza degli ispettori
nei confronti dei destinatari della citata disciplina;
b) definizione di un raccordo efficace fra la funzione di ispezione
del lavoro e quella di conciliazione delle controversie individuali;
c) ridefinizione dell'istituto della prescrizione e diffida propri
della direzione provinciale del lavoro;
d) semplificazione dei procedimenti sanzionatori amministrativi e
possibilità di ricorrere alla direzione regionale del lavoro;
e) semplificazione della procedura per la soddisfazione dei crediti
di lavoro correlata alla promozione di soluzioni conciliative in sede
pubblica;
f) riorganizzazione dell'attività ispettiva del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali in materia di previdenza sociale
e di lavoro con l'istituzione di una direzione generale con compiti
di direzione e coordinamento delle strutture periferiche del Ministero
ai fini dell'esercizio unitario della predetta funzione ispettiva,
tenendo altresì conto della specifica funzione di polizia giudiziaria
dell'ispettore del lavoro;
g) razionalizzazione degli interventi ispettivi di tutti gli organi
di vigilanza, compresi quelli degli istituti previdenziali, con attribuzione
della direzione e del coordinamento operativo alle direzioni regionali
e provinciali del lavoro sulla base delle direttive adottate dalla
direzione generale di cui alla lettera f).
3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi
alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti
Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del termine
previsto per l'esercizio della delega. Le competenti Commissioni parlamentari
esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione.
Qualora il termine per l'espressione del parere decorra inutilmente,
i decreti legislativi possono essere comunque adottati.
4. Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni parlamentari
scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per
l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è
prorogato di sessanta giorni.
5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti
legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare eventuali
disposizioni modificative e correttive con le medesime modalità
di cui ai commi 3 e 4, attenendosi ai princìpi e ai criteri
direttivi indicati al comma 2.
6. L'attuazione della delega di cui al presente articolo non deve
comportare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
Art. 9.
Modifiche alla legge 3 aprile 2001, n. 142
1. Alla legge 3 aprile 2001, n. 142, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 1, comma 3, primo periodo, le parole: "e distinto"
sono soppresse;
b) all'articolo 2, comma 1, dopo il primo periodo, è inserito
il seguente: "L'esercizio dei diritti di cui al titolo III della
citata legge n. 300 del 1970 trova applicazione compatibilmente con
lo stato di socio lavoratore, secondo quanto determinato da accordi
collettivi tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e
organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più
rappresentative";
c) all'articolo 3, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:
"2-bis. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, le cooperative
della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, possono
corrispondere ai propri soci lavoratori un compenso proporzionato
all'entità del pescato, secondo criteri e parametri stabiliti
dal regolamento interno previsto dall'articolo 6";
d) all'articolo 5, il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2. Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l'esclusione
del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in
conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile.
Le controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione
mutualistica sono di competenza del tribunale ordinario";
e) all'articolo 6, comma 1, le parole: "Entro nove mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge" sono sostituite
dalle seguenti: "Entro il 31 dicembre 2003";
f) all'articolo 6, comma 2, dopo le parole: "del comma 1",
sono inserite le seguenti: "nonchè all'articolo 3, comma
2-bis" e le parole: "ai trattamenti retributivi ed alle
condizioni di lavoro previsti dai contratti collettivi nazionali di
cui all'articolo 3" sono sostituite dalle seguenti: "al
solo trattamento economico minimo di cui all'articolo 3, comma 1";
g) all'articolo 6 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"2-bis. Le cooperative di cui all'articolo 1, comma 1, lettera
b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, possono definire accordi
territoriali con le organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative per rendere compatibile l'applicazione del contratto
collettivo di lavoro nazionale di riferimento all'attività
svolta. Tale accordo deve essere depositato presso la direzione provinciale
del lavoro competente per territorio".
Art. 10.
Modifica dell'articolo 3 del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71
1. L'articolo 3 del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71, convertito
dalla legge 20 maggio 1993, n. 151, è sostituito dal seguente:
"Art. 3. - (Benefici alle imprese artigiane, commerciali e del
turismo). - 1. Per le imprese artigiane, commerciali e del turismo
rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti collettivi
nazionali, regionali e territoriali o aziendali, laddove sottoscritti,
il riconoscimento di benefici normativi e contributivi è subordinato
all'integrale rispetto degli accordi e contratti citati, stipulati
dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale".
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